Da Marx a Musk: il capitalismo non è morto, ha solo imparato a ridere di noi

Musk e Marx

Se Karl Marx fosse qui nel 2025, non scriverebbe Il Capitale, ma un thread di 78 tweet pieno di citazioni di Hegel e meme di squide game E l’algoritmo lo sommergerebbe sotto i post di un ventenne che insegna dropshipping. Guarderebbe il mondo e vedrebbe il capitalismo ancora in piedi, più aggressivo, più adattabile, più inarrestabile che mai. Trump di nuovo alla Casa Bianca, Musk che trasforma gli Stati Uniti in una startup, l’Europa che protesta senza conseguenze, e l’Italia impegnata a discutere se la vera emergenza sia la schwa nei documenti ufficiali o un’altra guerra culturale priva di effetti concreti.

Marx era convinto che il capitalismo si sarebbe autodistrutto, logorato dalle sue contraddizioni. Invece, ha trovato il modo di venderle come un’opportunità. Il sistema non è crollato, si è aggiornato. Il capitalista non è più l’industriale con il sigaro e il cappello a cilindro, è il miliardario che twitta meme, licenzia con un sondaggio e lancia razzi mentre promette di salvare il mondo dai problemi che lui stesso ha contribuito a creare.

Musk, il capitalista perfetto

Se il capitalismo ha una versione definitiva, è Elon Musk. Non un padrone, ma un CEO che trasforma i lavoratori in credenti. Non reprime le rivolte, le ingloba nel brand. Non vende prodotti, vende una narrativa.
E poi c’è quel gesto. Il palco dorato, l’insediamento di Trump, i magnati della Silicon Valley accanto agli oligarchi russi. La politica e il capitale che smettono di fingere di essere cose separate. E Musk, nel suo completo troppo stretto, che alza il braccio con un movimento troppo rigido, troppo netto, troppo simbolico per non evocare il fascismo.

La sinistra si è indignata, la destra ha minimizzato (just Elon being Elon), gli analisti hanno discusso se fosse un tic legato al suo autismo, come se questo lo rendesse meno inquietante. Ma quel gesto non era fascista. E proprio per questo lo era ancora di più.
Musk non è il Duce. Musk è peggio: è un’anomalia. Non richiama terra, razza, sangue, corpo. Non vuole uno Stato forte, vuole uno Stato che non esiste, sostituito da una rete di aziende interconnesse. Se il fascismo sognava il passato, Musk ci tiene bloccati in un presente infinito, senza storia, senza alternativa.
Marx diceva che il governo era il comitato d’affari della borghesia. Oggi la borghesia non ha più bisogno di un comitato. Ha direttamente il software. OpenAI, Neuralink, droni, algoritmi di profilazione, modelli predittivi. Il potere non si impone. Si automatizza.

E così eccoci qui

Mentre Musk e Trump ridisegnano il mondo con la scioltezza di due soci che rilevano un bar, noi siamo bloccati in problemi molto più banali.
Mentre loro trasformano intere città in hub per l’innovazione, noi cerchiamo un affitto a Cagliari che non costi quanto un mutuo a Manhattan.
Mentre loro annunciano piani per colonizzare Marte, qui la battaglia è per una casa che non sia già diventata un Airbnb con regole che sembrano un test d’ingresso più che un contratto d’affitto: “Solo referenziati, no residenza, no bambini, no animali— meglio ancora se non esistete”.

Eppure ci diciamo che è normale. Normale che gli studenti finiscano a dormire in macchina. Normale che l’unica protesta sia un post indignato su facebook seguito da un rassegnato: “Che dobbiamo fare, è così dappertutto”.
Il capitalismo non è collassato. Ha solo imparato a ridere di noi.
E Marx, se fosse qui oggi, non starebbe scrivendo, ma scrollando un feed pieno di consigli su come “monetizzare la lotta di classe”.

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