Dazi, vino e Sardegna: la tempesta perfetta

Dazi USA

C’è una regola non scritta nel commercio internazionale: quando le superpotenze litigano, a farne le spese sono sempre i più piccoli. E questa volta, nel tiro alla fune tra Washington e Bruxelles, a rischiare grosso è il vino sardo.
L’annuncio di Donald Trump di voler imporre un dazio del 200% su vini, champagne e liquori europei in risposta alla tariffa UE del 50% sul whisky americano ha fatto scattare l’allarme. Il protezionismo torna a dettare le regole del gioco, e il mercato del vino rischia di diventarne una vittima eccellente.

Numeri che fanno paura

Per la Sardegna, il mercato statunitense non è un dettaglio. Nel 2023, le esportazioni sarde verso gli USA hanno raggiunto quota 866,6 milioni di euro, con un aumento del 345% rispetto al 2014. Di questi, una fetta importante arriva dall’agroalimentare: formaggi, olio, vino. Eppure, tra settembre 2023 e settembre 2024, il trend si è ribaltato. L’export sardo verso gli USA è crollato del 48,7%, con una perdita netta di 371 milioni di euro.
Il vino non è escluso dal problema. Le esportazioni di bottiglie sarde negli Stati Uniti sono passate da 4 milioni di euro nel 2014 a 6,6 milioni nel 2023. Un salto del 63,5%, frutto di anni di investimenti e strategie mirate. Se la minaccia dei dazi diventerà realtà, questi numeri potrebbero azzerarsi nel giro di pochi mesi.

Un mercato a rischio estinzione

Il meccanismo è semplice: un dazio del 200% significa che il prezzo finale di una bottiglia sarda negli USA triplicherebbe. Il consumatore americano, che fino a ieri si concedeva un Vermentino o un Cannonau, potrebbe guardare altrove. Per un piccolo produttore sardo, il problema non è solo vendere meno. È non vendere affatto.

Le associazioni di categoria parlano di un colpo durissimo. Confagricoltura ricorda che il mercato americano vale quasi 2 miliardi di euro per il vino italiano. Coldiretti e Filiera Italia sottolineano che negli ultimi vent’anni le vendite negli USA sono quasi triplicate. Anni di crescita che rischiano di essere spazzati via in un attimo.

Cosa succede adesso?

Alcune cantine sarde stanno già valutando alternative. Il mercato asiatico diventa sempre più attraente: Cina, Corea del Sud, Giappone sono mercati in crescita, dove il vino italiano inizia a costruirsi una reputazione. Ma entrare in questi mercati non è immediato, e gli USA rimangono un cliente difficile da sostituire.

Nel frattempo, le trattative tra Washington e Bruxelles continuano. I dazi sono ancora una minaccia, non una certezza. Ma l’incertezza è già sufficiente a frenare investimenti, ordini, strategie a lungo termine.

Il conto, come sempre

Se i dazi entreranno in vigore, la Sardegna si troverà davanti a una sfida enorme. Per le cantine più piccole, la differenza tra esportare e non esportare può fare la differenza tra resistere e chiudere. Per il settore nel suo complesso, si tratta di riscrivere intere strategie commerciali.

La politica del protezionismo raramente colpisce chi la decide. A pagare il prezzo sono quasi sempre i produttori, i commercianti, le economie locali. Questa volta, il conto rischia di essere molto salato. O, se preferite, tannico.

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