
Con l’aggiornamento ad Android 15, il sardo entra ufficialmente tra le lingue configurabili del sistema operativo. Un giro nelle impostazioni, qualche tap, ed eccolo lì: se un’app è stata tradotta, partirà automaticamente in limba. Un trionfo per la diversità linguistica? Un momento storico?
Diciamo che è sicuramente un bel segnale. Ma è anche il classico caso in cui la tecnologia ci fa sentire moderni e inclusivi senza troppo sforzo.
Non è la prima incursione del Sardo nel mondo digitale—Firefox lo supporta da anni, grazie al lavoro di Sardware—ma finora era una presenza di nicchia, qualcosa per appassionati. Ora, invece, lo riconosce direttamente uno dei colossi della tecnologia. E questo è oggettivamente un bene.
Però, come sempre quando si parla di lingue minoritarie e tecnologia, il rischio è quello di confondere il mezzo con il fine. Abbiamo il sardo su Android: ma chi lo userà davvero? Più che un cambio di paradigma, sembra un nuovo modo per sentirsi meglio sulla situazione senza affrontare la questione di fondo: il sardo è vivo nella quotidianità delle persone? O è una di quelle cose che ci piace difendere più che parlare?
Un sistema operativo che supporta il sardo è sicuramente meglio di uno che non lo supporta. Ma una lingua non rischia di estinguersi perché non è nelle impostazioni dello smartphone. Scompare quando smettiamo di usarla nelle conversazioni di tutti i giorni, quando diventa più un’icona culturale che un modo naturale di comunicare.
Il problema è che la tecnologia può dare l’illusione di invertire il declino di una lingua senza toccarne le vere cause. Abbiamo tradotto l’interfaccia di un telefono: fantastico. Ma se nel frattempo la lingua resta confinata a poche situazioni specifiche, il rischio è che diventi più un cimelio digitale che un codice vivo.
Gli esperti stimano che, entro la fine del secolo, tra il 50% e il 90% delle lingue del mondo scomparirà. Non perché Google non le abbia aggiunte su Android, ma perché le persone smetteranno di trovarle utili—smetteranno di usarle, di trasmetterle, di averne bisogno. Il lavoro di Sardware è importante, senza dubbio. Se il sardo vuole sopravvivere, deve avere un posto nel mondo digitale: nelle app, sui social, nella vita online quotidiana di chi lo parla. Ma nessun aggiornamento di sistema, nessuna notifica in limba, nessuna tastiera con l’autocorrezione potrà fermarne il declino se la lingua continua a scomparire dalle conversazioni reali.
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