LA RUBRICA. I nuraghi e il ciclo della vita

Nuraghe Piscu
Nuraghe Piscu Suelli

I Sardi dell’età del bronzo, circa 3500 anni fa, erano maestri nell’arte della costruzione e nel trattamento delle pietre, e creavano strutture imponenti e ricche di significato: i nuraghi. Non erano semplici edifici, ma luoghi sacri dove si celebrava l’unione simbolica tra la potenza generatrice del sole e il ventre accogliente della dea madre, forze vitali che garantivano la prosperità della comunità.
Nel cielo del corridoio d’ingresso di alcuni di questi edifici, ad esempio nel nuraghe Piscu di Suelli, i costruttori intrecciavano le pietre per realizzare raffinati decori che rappresentavano la spiga del grano, simbolo del seme che germoglia e cresce grazie all’unione delle divinità, assicurando la vita.
La finestrella orientata verso il sorgere del sole, rimanda al ciclo agricolo, fondamentale per la vita di queste antiche popolazioni. La cupola dei nuraghi, decorata con anelli che ricordano cerchi d’acqua, rappresentava la manifestazione pietrificata dell’acqua, essenziale per il ciclo della vita.

La spiga del grano

Ogni mattina, quando i primi raggi del sole entravano nel nuraghe, si rinnovava il ciclo eterno della semina e del raccolto, della morte e resurrezione del sole, in un parallelismo con la vita umana.
Ogni spiga, pur essendo unica, era simbolo della forza collettiva, della condivisione del pane che alimenta non solo il corpo, ma anche l’anima. Le pareti dei nuraghi, con la loro simbologia agricola, rappresentavano l’abbondanza e la prosperità, ma anche la connessione profonda tra l’uomo e la natura.
La bellezza di questi simboli, semplice ma intensa, ci ricorda che la vera ricchezza risiede nella semplicità della vita e nelle cose essenziali che spesso tendiamo a trascurare.
La foto del Nuraghe Piscu è di Valentino Selis
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