
Nel luglio 2025 il Consiglio regionale sarà chiamato a votare una proposta di legge che tocca un tema cruciale e ancora largamente irrisolto nel dibattito pubblico italiano: il suicidio medicalmente assistito. Il testo, promosso dal Partito Democratico e firmato dall’onorevole Roberto Deriu, si propone di attuare a livello regionale quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019.
Il provvedimento del tribunale ha riconosciuto il diritto, per le persone in condizioni cliniche gravissime, a porre fine alla propria vita con l’assistenza del sistema sanitario. Tuttavia, la mancanza di una legge nazionale ha lasciato le Regioni in prima linea nel dover trasformare un principio giuridico in una procedura concreta.
La proposta di legge sarda nasce per offrire sicurezza, trasparenza e tutela ai cittadini che, in condizioni estreme, decidano di esercitare un diritto costituzionalmente riconosciuto. Secondo Deriu, si tratta di una legge necessaria, che non impone scelte né giudizi, ma disciplina un percorso.
Il testo – elaborato insieme all’Associazione Luca Coscioni – è stato oggetto di un confronto approfondito in Commissione Sanità, sotto la guida della presidente Maria Laura Fundoni. Esperti, medici, giuristi e rappresentanti della società civile hanno contribuito a definire un impianto normativo chiaro, nel quale le strutture sanitarie regionali possano operare con responsabilità e senza ambiguità.
In uno dei passaggi più intensi del suo intervento, Roberto Deriu ha offerto una riflessione che sintetizza con lucidità il senso profondo della proposta:
“Non è obbligatorio essere tutti volontari nella lotta contro la morte. È un eroismo che si può chiedere a sé stessi, ma non necessariamente agli altri.”
Parole che non cercano il consenso facile, ma scavano nel cuore della questione: il rispetto per la libertà individuale di scegliere, soprattutto quando si è stretti nella morsa di una sofferenza irreversibile. Non si tratta di incentivare la morte, né di arrendersi di fronte al dolore, ma di riconoscere che esistono condizioni in cui continuare a vivere può diventare, per qualcuno, un atto insostenibile. In quei casi, lo Stato — e con esso la Regione — ha il dovere non di giudicare, ma di garantire una possibilità: quella di dire basta con dignità, senza ostacoli, senza colpa, e senza solitudine istituzionale.
Secondo i promotori, la legge non è un atto ideologico, ma un gesto di civiltà amministrativa. Deriu ha chiarito che la Regione non auspica il suicidio assistito, né lo incentiva. Ma ha il dovere di organizzare il sistema sanitario anche per situazioni che, pur drammatiche, esistono e devono essere accompagnate con rispetto.
“Lo Stato fa le leggi generali. Le Regioni organizzano la sanità,” ha spiegato. “E quando la legge e la giurisprudenza indicano un dovere, una Regione deve rispondere con strumenti adeguati.”
In questa visione, la politica non impone scelte morali. Si limita a offrire una cornice legale e sicura all’interno della quale ogni individuo possa agire secondo la propria coscienza.
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