
Nel giorno in cui Orgosolo ha dato l’ultimo saluto a Graziano Mesina, tra i simboli più noti del banditismo sardo, una voce si è levata fuori dal coro: quella di Luca Locci, ex vittima di sequestro, che con un post sui social ha voluto riportare l’attenzione su chi, in quella stagione oscura della Sardegna, ha vissuto la parte più drammatica e dimenticata.
“Non pensiate – scrive Locci – che durante i giorni della prigionia, chi era nelle mani dei sequestratori non desiderasse ogni singolo giorno poter rientrare tra le mura di casa, con i propri affetti”.
Locci, rapito quando aveva appena sette anni nel ’78 e rimasto ostaggio per tre mesi, non fa nomi, ma il riferimento è chiaro: è un messaggio rivolto a chi, in questi giorni, sembra aver dimenticato cosa fu davvero quella stagione. “Qualcuno ha deciso che non era possibile – continua – nemmeno chiedere una detenzione più dignitosa. E c’è chi, purtroppo, non ha fatto ritorno nemmeno da morto”.
Il suo intervento non è polemico, ma è una richiesta di misura. “A certi personaggi pubblici – scrive – sta forse sfuggendo un po’ di mano la situazione”. Un monito a ricordare che dietro ogni “leggenda” ci sono storie vere, fatte di dolore, attese e ferite che non si rimarginano con un funerale affollato.
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