
In Sardegna, le imprese artigiane guidate da stranieri continuano ad aumentare, anche se con ritmi contenuti. Alla fine del 2024 erano 1.616, pari al 15,2 per cento del totale delle imprese straniere attive sull’isola. Il dato emerge dal report “Le imprese artigiane a conduzione straniera” elaborato da Confartigianato Sardegna su dati Unioncamere-Infocamere.
La Sardegna rimane tra le ultime regioni italiane per numero assoluto di imprese straniere, ma il confronto con le imprese locali racconta un’altra storia: negli ultimi dieci anni, le aziende autoctone hanno perso il 5,6 per cento. Quelle straniere, invece, crescono. E tengono in piedi un tessuto produttivo fragile.
Il settore delle costruzioni specializzate rappresenta oltre la metà delle imprese artigiane straniere (50,8 per cento). È un ambito accessibile, con barriere di ingresso più basse e forte richiesta di manodopera. Seguono i servizi alla persona (6,8 per cento), il confezionamento di abbigliamento (5,1 per cento), la ristorazione (4 per cento), i servizi per edifici e paesaggi (5,9 per cento) e il trasporto di merci e persone (2,9 per cento). Settori legati alla manualità, alla vicinanza e alla resilienza.
“Queste imprese rappresentano un valore aggiunto per il nostro territorio – afferma Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Sardegna – soprattutto in un contesto segnato da invecchiamento della popolazione e calo delle nascite. Fare impresa è una delle forme più concrete di integrazione sociale ed economica.”
I lavoratori stranieri in Sardegna sono circa 26.000, pari al 4,7 per cento del totale degli occupati. Gli apprendisti stranieri sono 251: un numero modesto, ma significativo, perché indica un investimento sulla formazione e sul futuro.
A livello territoriale, la mappa è disomogenea. Le imprese artigiane straniere si concentrano soprattutto nel nord dell’isola. Sassari-Gallura conta 819 imprese artigiane su un totale di 3.746. Seguono Cagliari (438 su 4.642), Nuoro (286 su 1.625) e Oristano (73 su 589).
Le comunità imprenditoriali si distribuiscono in modo peculiare: a Cagliari predominano i senegalesi, a Nuoro i tedeschi, a Oristano i marocchini, mentre a Sassari e Gallura sono soprattutto i romeni a portare avanti le attività artigiane. Una geografia del lavoro che racconta migrazioni, legami familiari e scelte economiche.
Nonostante la crescita, gli ostacoli non mancano. I principali problemi segnalati dagli imprenditori stranieri riguardano la burocrazia, la difficoltà linguistica, l’accesso al credito e la scarsità di percorsi formativi, in particolare per la lingua italiana tecnica e per la gestione amministrativa.
“Il nostro compito – sottolinea ancora Meloni – è ascoltare, orientare, accompagnare. Ma servono strumenti concreti: semplificazione burocratica, formazione mirata, accesso agevolato al credito, politiche pubbliche serie.”
La presenza crescente di artigiani stranieri non è soltanto un fatto economico. È una risposta strutturale alla fragilità del sistema produttivo locale. In una regione che invecchia e perde giovani competenze, questi nuovi imprenditori – spesso partiti da esperienze migratorie – portano con sé saperi tecnici, manuali e culturali.
Non è solo integrazione: è resilienza. E, forse, una delle chiavi per rilanciare l’artigianato sardo nel prossimo decennio.
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