
Franco Carrus è un barista che non fa soltanto caffè e birre, Stefano Pani, invece, è un pittore capace di ascoltare. In comune hanno Orroli, il paese che abbraccia un pezzo di Flumendosa e una visione della Sardegna e del mondo nella quale il progresso non sempre coincide con la modernità. E così capita che entri a Orroli, al bar Cavour di Franco, e il dipinto murario che vedi in questa foto ti colpisce con forza. “L’idea è stata mia, era un pensiero che avevo”, spiega Franco, che tredici anni fa ha finito di fare l’emigrato in Val d’Aosta, “e ne ho parlato con Stefano, che ora vive a Muravera ma è di Orroli come noi”.
Così è nata quest’opera che mette uno di fronte all’altro. A sinistra c’è il vecchio e saggio pastore al quale basta la quinta del nuraghe e un bicchiere di rosso, una leppa lunga quanto un palmo e un pezzo di pecorino. Il suo viso è rilassato, il corpo fasciato dal velluto sarà pure stanco per le fatiche degli anni in campagna ma i colori, la posa, tutto l’insieme restituisce l’immagine di un uomo libero e senza costrizioni.
A destra dell’immagine c’è la modernità, ci sono le ciminiere come quelle delle tante Ottana alle quali è stata appesa negli anni ’70 la civiltà agropastorale della Sardegna. Millenni di cultura sacrificati in cambio della promessa di una tuta blu, dell’auto a rate, dei figli laureati. E oggi che l’inganno è finito restano ciminiere sempre meno fumanti, un pc aperto e così tanta paura che nonostante il Covid sia finito la mascherina resta in faccia. Ed è una metafora chiara di quel che non vorremmo essere ma che siamo costretti ad essere, con la bocca tappata e il volto omologato nella sua inespressività.
Non è chiaro se il giovane col pc, seduto su una pietra e non sul trono dorato del pastore, voglia essere l’uomo che ha davanti. O se non lo veda nemmeno, preso com’è dal suo lavoro allo schermo. Il pastore, invece, lo vede eccome questo ragazzo con la giacca grigia e sembra dirgli che ancora oggi, nonostante tutto, in Sardegna un altro mondo è possibile davvero. E non passa per la tecnologia fine a se stessa ma per la campagna, ancora una volta. Per la civiltà dei sardi. E in quella civiltà, in quella cultura che non trovi nei libri, c’è anche Franco, con il suo bar che mette in mostra questa piccola e sconosciuta opera d’arte. E di educazione civile. (claudio cugusi)
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