
Dove va il mondo? È il confronto fra due generazioni politiche, quella espressa dall’esperienza navigata di Antonello Cabras e quella permeata di entusiasmo giovanile di Paolo Romano, che prova a dare risposta a questo interrogativo. Una domanda lecita e sempre attuale, alla quale molti vorrebbero avere una risposta e pochi altri invece credono di poterla orientare, almeno stando a quanto si vede recentemente.
Probabilmente per questo è una sala gremita di una miscellanea di pubblico quella dell’hotel Regina Margherita di Cagliari che questa sera ha ospitato il convegno organizzato dalle Acli – Associazioni cristiane lavoratori italiani, dal titolo, appunto, “dove va il mondo?”.
La domanda, volontariamente retorica, non aspettava, così come non lo aspettava il pubblico accorso, di trovare una risposta; tuttavia, ha dato spunto a riflessioni che hanno coinvolto l’uditorio e ne hanno catalizzato l’attenzione.
Ad inaugurare i lavori il giornalista Franco Siddi, con un excursus storico utile a dare un quadro generale entro il quale i due relatori hanno snocciolato il loro pensiero.
Ricordando infatti la caduta del muro di Berlino e le speranze che in questo avvenimento molti giovani riversavano, fa un parallelismo con il contemporaneo e con quella che all’ora fu la sottovalutazione delle problematiche che la caduta fece emergere: “Oggi ci troviamo di nuovo in un momento di cambiamento – dice – e ancora una volta non sembra esserci nulla di certo”.
Ad aprire il dibattito è stato Antonello Cabras, già presidente della regione Sardegna nonché della Fondazione di Sardegna, che trova casa pochi metri più su del Regina Margherita.
Il filo conduttore dell’intervento è stato quello che racconta di un mondo variegato, differente per storia e cultura. Di una percezione della politica de facta che crea una disillusione fra la popolazione della fetta di mondo che chiamiamo occidente e che ha visto lo scacchiere geopolitico passare attraverso concetti come l’esportazione della democrazia e il sogno europeo. Per quanto riguarda la dimensione nazionale Cabras parla di un bisogno di “affrontare i temi concreti che la gente vive ogni giorno e interrogarsi sul perché la gente non voti, sul perché non si creda più nel principio democratico. Questo accade perché la percezione è che il loro voto non conti. So di aver detto cose non positive – aggiunge Cabras – ma è importante trovare spazio anche per la speranza, sempre presente ma ha bisogno di trovare molte convergenze perché ognuno ha una speranza che non sempre coincide con quella dell’altro e questo determina il conflitto. Bisogna quindi trovare una sintesi sulla speranza” chiosa con questo proposito l’ex Parlamentare.
Diametralmente differente l’intervento del giovane consigliere regionale lombardo Paolo Romano che, riallacciandosi al paradigma espresso da Cabras, ha tracciato un solco generazionale fra quella dei nonni e quella dei padri, così come quella dei padri e quella dei figli: si tratta di “una sfida principalmente per la mia generazione che è una generazione che cerca di capire quale può essere il suo futuro di fronte a condizioni sempre più difficili”.
Un teatro dove l’opera della vita ha visto cambiare protagonisti e scenografie in pochissimo tempo: dai luoghi di aggregazione come circoli e chiese alle piazze virtuali, dalla carta stampata come mezzo informativo ai blog (che ancora permettevano riflessioni e dibattiti) fino alle immagini che scorrono attraverso i reel condensati in soli 60 secondi.
Questa divergenza fra le generazioni ha dato via a situazioni che, per i giovani, secondo il giovane consigliere lombardo, possono essere riassunte con due parole: ipersemplificazione (ma con problemi che rimangono complessi) e incertezza. A queste aggiunge un elemento che mai, prima d’ora nella storia, aveva preso il sopravvento: l’idea di fine della storia della civiltà umana per come la conosciamo a causa degli ormai noti cambiamenti climatici.
Ecco quindi che, concordemente, i due relatori fanno in modo che emerga un’ulteriore domanda come condizione necessaria per rispondere a quella che invece è il cardine del convegno: cosa vogliamo essere?
Romano cita in merito la metafora della metamorfosi del film d’animazione Balto che “non è cane, non è lupo, sa soltanto quello che non è. So che non è una citazione famosa ma ci sono molto legato e secondo me ben rappresenta la nuova generazione che a causa degli eventi globali non sa dire cosa vuol essere ma sa sicuramente dire cosa non voglia essere, quali modelli non voglia perseguire. Ma per capire dove va il mondo dovremmo chiederci dove vogliamo andare noi”.
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