
Dopo oltre trent’anni di inattività e undici di burocrazia feroce, una miniera sotterranea in Sardegna tornerà operativa. Contiene più di tre milioni di tonnellate di fluorite, minerale strategico per la produzione di batterie agli ioni di litio, cioè per l’elettrificazione, cioè per la transizione ecologica, cioè per il futuro.
Il progetto è guidato da Umberto Gioia, geologo bresciano che, come racconta il Corriere della Sera, ha trascorso più di un decennio a districarsi tra autorizzazioni, normative e incontri con investitori prima di ottenere, nel 2023, il via libera per la riapertura del sito di Silius.
Il consorzio Mineraria Gerrei, finanziato in parte da Aruba (sì, quelli dei server), ha stanziato circa cinquanta milioni di euro per l’operazione. L’obiettivo: estrarre almeno 70.000 tonnellate di fluorite e 6.800 di galena all’anno, creando un centinaio di posti di lavoro.
Se tutto va secondo i piani, l’estrazione inizierà entro il 2025.
Nel racconto ufficiale, questa è una vittoria. L’Europa ha bisogno di materie prime critiche per ridurre la dipendenza dalla Cina, dal Sud America, dall’Africa. L’estrazione sarà sostenibile, tecnologicamente avanzata, perfettamente regolamentata. Il territorio locale ha accolto il progetto positivamente.
Ma qui è dove la storia della transizione ecologica diventa meno chiara. Perché l’estrazione mineraria non è pulita. Non è mai pulita. Estrarre un minerale significa spostare tonnellate di terra, costruire impianti, gestire rifiuti tossici, consumare energia. Perché anche un’auto elettrica ha bisogno di acciaio, rame, nichel, cobalto, e ogni grammo di questi materiali viene scavato da qualche parte nel mondo. Perché nessuna miniera è davvero sostenibile, solo più o meno regolamentata.
Negli ultimi trent’anni, la strategia dell’Occidente è stata semplice: chiudere le proprie miniere e comprare i minerali da chi poteva estrarli senza dover rispondere a norme ambientali e proteste locali. Poi la Cina ha iniziato a controllare il mercato delle terre rare e le guerre commerciali hanno reso il rifornimento instabile. L’Europa ha scoperto che la transizione ecologica richiede più materie prime di quante ne avesse mai previste.
Ora la soluzione è riaprire miniere in casa. Ma in Europa ogni miniera è una contraddizione: l’industria la vuole, l’ambiente la teme, i politici la vendono come progresso, le comunità locali la accettano solo se garantisce abbastanza posti di lavoro
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